Assegnazione della casa coniugale
L’assegnazione della casa coniugale è il provvedimento adottato dal giudice in caso di separazione o di divorzio dei coniugi, finalizzato a garantire ai figli la continuità nel godimento dell’immobile costituente l’habitat familiare. Di conseguenza, oggetto dell’assegnazione è solo quell’immobile che sia stato centro di aggregazione durante la convivenza (escludendo seconde case o altri immobili di cui i coniugi potevano avere disponibilità), comprendente anche tutto il complesso di beni mobili, arredi, suppellettili ed attrezzature finalizzate ad assicurare le esigenze della famiglia.
L’art. 106 del D. lgs. N. 154/2013 ha inserito la disciplina dell’assegnazione dell’immobile familiare nell’art. 337-sexies, comma 1, c.c. il quale attualmente dispone che “Il godimento della casa familiare è attribuito tenendo prevalentemente conto dell’interesse dei figli. Dell’assegnazione il giudice tiene conto nella regolazione dei rapporti economici tra i genitori, considerato l’eventuale titolo di proprietà. Il diritto al godimento della casa familiare viene meno nel caso che l’assegnatario cessi di abitare stabilmente nella casa familiare o conviva more uxorio o contragga nuovo matrimonio”.
L’assegnazione della casa familiare, pur avendo riflessi anche economici, è dunque finalizzata all’esclusiva tutela della prole e dell’interesse di questa a permanere nell’ambiente domestico in cui è cresciuta, e non può quindi essere disposta per sopperire alle esigenze economiche del coniuge più debole.
Pertanto anche nell’ipotesi in cui l’immobile sia di proprietà comune dei coniugi, la concessione del beneficio in questione resta subordinata all’imprescindibile presupposto dell’affidamento dei figli minori o della convivenza con figli maggiorenni ma economicamente autosufficienti: diversamente, infatti, dovrebbe porsi in discussione la legittimità costituzionale del provvedimento, il quale, se non fosse modificabile a seguito del raggiungimento della maggiore età e dell’indipendenza economica da parte dei figli, si tradurrebbe in una sostanziale espropriazione del diritto di proprietà, tendenzialmente per tutta la vita del coniuge assegnatario, in danno del contitolare.
Qualora invece l’immobile sia di proprietà di uno soltanto dei coniugi, l’attribuzione dell’immobile al genitore non proprietario ma che sia al contempo collocatario dei figli, non si configura come un conferimento integrativo o sostitutivo dell’assegno di mantenimento, ma può incidere sulla quantificazione dello stesso. Il diritto al mantenimento infatti può essere soddisfatto solo quantificando la somma di denaro da versare ed il giudice non può imporre al debitore di estinguere il suo obbligo con l’assegnazione dell’abitazione.
Il diritto riconosciuto al coniuge assegnatario della casa coniugale, che non sia al contempo titolare di un diritto di proprietà o di godimento sulla stessa, ha natura di diritto personale di godimento e non di diritto reale. Ciò significa che il proprietario dovrà sopportare il pagamento delle spese straordinarie, delle eventuali rate di mutuo preesistente e di tutti gli oneri connessi al diritto di proprietà. Saranno invece a carico dell’assegnatario della casa coniugale gli oneri condominiali ordinari nonché le spese di manutenzione ordinaria dell’immobile.
Non sempre la casa familiare viene assegnata ad un solo coniuge: se l’immobile si presta ad essere diviso ed i rapporti tra gli ex-coniugi lo permettono, è anche possibile suddividerla in due unità abitative e assegnarne una a ciascun coniuge. In tal modo i figli sono anche nelle condizioni migliori per mantenere rapporti adeguati con entrambi i genitori. Accade frequentemente che la casa familiare sia di proprietà di un terzo e che venga concessa in comodato d’uso ad uno dei coniugi.
Nel caso di rottura del rapporto di coppia, ove l’immobile adibito a casa familiare sia in comodato d’uso, l’assegnazione della casa familiare costituisce una sorta di vincolo di destinazione dell’immobile alle esigenze della famiglia e dunque viene imposta al comodante attraverso la continuazione del rapporto contrattuale a seguito della crisi familiare. Il provvedimento di assegnazione della casa coniugale può essere trascritto nei registri immobiliari della Conservatoria. In tal modo, l’assegnatario si pone al riparo da eventuali pretese del terzo cui il coniuge proprietario abbia alienato l’immobile o che comunque vanti diritti sullo stesso.
Il diritto di godimento della casa familiare in capo al genitore affidatario viene meno a seguito del raggiungimento della maggiore età e dell’autosufficienza economica dei figli, nonché quando l’assegnatario non abita o cessa di abitare stabilmente nella casa coniugale o conviva o contragga nuovo matrimonio. La revoca del provvedimento di assegnazione non è automatica o di diritto, ma deve essere sempre dichiarata dal giudice, dopo aver valutato l’interesse dei figli.